Articolo di Chiara Tavasci
L’archivio del CAI Lecco è stato dichiarato di interesse storico particolarmente importante nel 2022. L’attività di ordinamento e inventariazione è iniziata nei primi mesi del 2023 ed è tuttora in corso. Ma in cosa consiste? Scopriamolo insieme a Marco Lanzini, archivista che insieme a Linda Sciarini si sta occupando di questo processo molto importante.
Parliamo un po’ di te. Come hai iniziato questa professione?
Sono archivista da molti anni, subito dopo il dottorato di ricerca in storia sono diventato archivista di Stato. Da qualche anno ho iniziato la libera professione, una scelta nata dalla volontà di scoprire nuovi archivi rispetto a quelli con cui ho sempre lavorato e che mi ha permesso anche di affinare le mie competenze. Lo scorso anno ho ricevuto molti incarichi e non riuscendo a svolgerli autonomamente sono stato affiancato da Linda, una giovane archivista che ha collaborato con me in diverse occasioni. Ci dividiamo i compiti, lei inizia con una prima analisi dell’archivio e la scrematura dei documenti, concentrandosi sull’individuazione delle macro serie e sulla descrizione sommaria della struttura. Io intervengo in una seconda fase, ordinando e descrivendo in maniera più approfondita l’archivio. Il lavoro è stato diviso in questo modo anche per l’archivio del CAI Lecco.
Qual è stato il tuo percorso per diventare archivista?
Dopo il dottorato in storia ho ottenuto il diploma di archivista, paleografo e diplomatica alla scuola di archivistica di Milano, ma oggi ci sono diversi percorsi che permettono di intraprendere questa professione. La preparazione di un archivista deve avere comunque una solida formazione in ambito giuridico e storico, una preparazione specifica (archivistica, paleografia, diplomatica…) e, se possibile, competenze informatiche anche solo di base. Inoltre non può prescindere da una capacità di “comunicare”. Bisogna infatti saper condividere i risultati del proprio lavoro e fare in modo che i documenti dell’archivio siano fruibili.
Entrando nel merito dell’Archivio Storico del CAI Lecco, come è iniziato l’ordinamento?
L’attività di ordinamento è partita contestualmente alla Dichiarazione di interesse storico particolarmente importante avvenuta nel 2022 da parte della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia. A quel punto il CAI Lecco ha avuto la necessità di intervenire con il riordino, come previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Io avevo già lavorato all’ordinamento del CAI di Milano, con anche l’aiuto di Linda, e sulla base di questa esperienza pregressa abbiamo ricevuto l’incarico.
Anche rispetto a lavori svolti precedentemente, ci sono stati ostacoli?
La documentazione prodotta da archivi di enti pubblici è sottoposta a norme che fungono anche da guida per l’archivista che si approccia al riordino (registri di protocollo, titolari di classificazione…). Nel caso degli archivi privati bisogna invece individuare le procedure utilizzate dal soggetto produttore o conservatore e può quindi risultare complesso capire l’ordine originale. Al CAI Lecco però è emerso fin dalla prima analisi come sia stati accurati i criteri di archiviazione della documentazione. Questo è stato di grande aiuto per il nostro lavoro e denota anche una certa cura e interesse da parte del soggetto produttore e conservatore.
Dal punto di vista della consistenza, ci sono serie considerate più importanti (come verbali, attività sociali e culturali, spedizioni alpinistiche e rifugi) che presentano una maggior continuità, altre che presentano invece alcune lacune, frutto di precedenti interventi di scarto. Anche questo è un aspetto positivo perché l’archivio non è stato “alimentato” con documentazione non più utile sul piano pratico e amministrativo e che dal punto di vista storico non avrebbe avuto alcun valore. Questi aspetti hanno semplificato il nostro lavoro e rispetto al progetto originario, che prevedeva un inventario sommario, siamo anche riusciti a produrre descrizioni più analitiche.
Ci sono state collaborazioni con membri del CAI?
In ogni lavoro di riordino l’archivista porta la sua tecnica e la sua esperienza. Spesso però non si conosce nel dettaglio la storia del soggetto produttore e conservatore o la tipologia di documentazione. È indispensabile quindi un supporto di chi conosce le carte e Adriana Baruffini, presidente del CAI Lecco, ha semplificato molto il nostro lavoro. Il suo aiuto è stato molto utile e non scontato perché spesso le domande che poniamo noi archivisti risultano poco comprensibili, ma lei ha sempre risposto puntualmente, fornendoci proprio le indicazioni di cui avevamo bisogno. Il rapporto lavorativo è stato ottimale.
Dal punto di vista più tecnico, come si struttura il vostro lavoro?
Dopo una prima analisi della documentazione, si procede con una schedatura preliminare che viene approfondita in un secondo momento. Per la descrizione utilizziamo una tabella excel i cui dati verranno poi importati e rifiniti nel software Archimista 3.1.1., dove vengono caricate anche le cosiddette schede delle entità di contesto, ovvero la descrizione del soggetto produttore e conservatore e la scheda del progetto. Quest’ultima è molto importante perché serve a descrivere le varie fasi dell’attività e tutti i collaboratori che vi hanno partecipato, spiegando anche perché sono state adottate certe scelte. Questa banca dati verrà poi pubblicata sul portale Lombardiarchivi che permette di avere accesso alla struttura dell’archivio, facilitandone la consultazione.
In una prospettiva futura, come sono utili questi strumenti?
Archimista è uno strumento molto utile per i progetti futuri perché favorisce due aspetti importanti. Da una parte permette di caricare documenti significativi che il CAI potrà decidere di digitalizzare. Un altro aspetto molto importante e da non sottovalutare è che il software consente di esportare i dati in xml secondo il tracciato ICAR-import, un formato che permette di riutilizzare i dati in altri contesti. Questa soluzione è molto utile perché in futuro non sapremo dove arriverà la tecnologia e in questo modo i dati non andranno persi: la trasmissione è un punto fondamentale per gli archivi. Inoltre la Sezione potrebbe decidere di non utilizzare più il portale di Lombardiarchivi e importare tutto su un’altra piattaforma.
Hai parlato dell’importanza della trasmissione, che ruolo gioca l’ordinamento in questo?
In generale l’ordinamento risponde a diverse esigenze. In primo luogo è necessario per migliorare la fruibilità dell’archivio. L’inventario fa da guida per lo studioso o per chi vuole consultare i documenti. Un’altra esigenza, già accennata in precedenza, è la necessità di selezione. Negli archivi rimane sempre della documentazione ridondante o non più utile dal punto di vista pratico e amministrativo. In questo caso il riordino alleggerisce l’archivio semplificando la ricerca. Un ultimo aspetto è che la documentazione prodotta da un archivio privato diventa bene culturale nel momento in cui viene notificata dalla Soprintendenza. L’ordinamento serve a tutelare la documentazione perché crea una testimonianza scritta. Purtroppo in diversi archivi ci sono stati casi di furti e senza un’inventariazione che descriva la documentazione conservata non è possibile dimostrare che quel documento è stato sottratto da quel determinato fondo.
L’intervento di ordinamento garantisce quindi l’integrità dell’archivio, organizzando in maniera più razionale i documenti e facilitandone la consultazione. Vorrei porre particolare attenzione al fatto che la documentazione è un bene culturale. Troppo spesso il conservatore e il fruitore dimenticano questo concetto o fanno fatica a comprenderlo. Dobbiamo pensare a un documento come se fosse un quadro o un reperto archeologico. L’inventariazione serve anche a questo, identificando la documentazione come bene culturale, può evitare che gli utenti la maneggino in maniera inappropriata, mettendone a rischio la conservazione.
Grazie Marco per aver risposto alle domande, dandomi anche la possibilità di parlare di un aspetto molto importante: la comunicazione e la valorizzazione dei beni culturali. La restituzione del lavoro non deve esser fatta solo per gli specialisti, ma comunicata anche a chi si approccia per la prima volta agli archivi. Traducendolo in linguaggi differenti si riescono a raggiungere più persone, comunicando l’importante valore dei documenti.